STORIA DEL TATTOO
E’ nel 1769
che il Capitano inglese James Cook, approdando a Tahiti,
osservando e annotando le usanze della popolazione locale trascrive per la
prima volta la parola Tattow (poi Tattoo),
derivata dal termine “tau-tau“, onomatopea che ricordava il
rumore prodotto dal picchiettare del legno sull’ago per bucare la pelle.
Ma il tatuaggio è una pratica dalle origini antichissime…origini di
oltre 5000 anni.
La
testimonianza più antica giunge dal confine italo-austriaco dove nel 1991,
sulle alpi Otzalet, viene rinvenuto il corpo congelato e ottimamente conservato
di un uomo che gli scienziati ritengono sia vissuto circa 5300 anni fa.
Otzi, così è stato
soprannominato, presenta in varie parti del corpo dei veri e propri tatuaggi,
ottenuti sfregando carbone polverizzato su incisioni verticali della cute.
I raggi x hanno rivelato degenerazioni ossee in corrispondenza di questi tagli,
si pensa quindi che, all’epoca, gli abitanti della zona praticassero questa
forma di tatuaggio a scopo terapeutico, per lenire i dolori.
Con il
passare del tempo il tatuaggio assume però altre valenze.
Le pitture funerarie dell’antico Egitto mostrano tatuaggi sui corpi
delle danzatrici, tatuaggi rinvenuti anche su alcune mummie femminili (2000
a.C.).
I Celti adoravano divinità animali quali il toro, il
cinghiale, il gatto, gli uccelli e i pesci e in segno di devozione se ne
tracciavano i simboli sulla pelle.
Presso gli antichi romani, che credevano fermamente nella purezza del corpo umano, il tatuaggio era
vietato ed adoperato esclusivamente come strumento per marchiare criminali e
condannati; solo successivamente, in seguito alle battaglie con i britannici che
portavano tatuaggi come segni distintivi d’onore, alcuni soldati romani
cominciarono ad ammirare la ferocia e la forza dei nemici tanto quanto i segni
che portavano sul corpo…e cominciarono essi stessi a tatuarsi sulla pelle i
propri marchi distintivi.
Fra i primi cristiani era invece diffusa l’usanza di
osteggiare la propria fede tatuandosi la croce di Cristo sulla
fronte.
Nel 787
d.C. Papa Adriano proibiva l’uso del tatuaggio.
Nell’undicesimo e dodicesimo secolo i crociati portavano sul
corpo il marchio della Croce di Gerusalemme, questo permetteva, in
caso di morte sul campo di battaglia, di fare in modo che il soldato ricevesse
l’appropriata sepoltura secondo i riti cristiani.
Dopo le Crociate, il tatuaggio sembra scomparire dall’europa, ma continua a fiorire in altri continenti.
Nei primi
anni del 1700, i marinai europei vengono a contatto con le
popolazioni indigene delle isole del Centro e Sud Pacifico, dove il
tatuaggio aveva un’importante valenza culturale.
Quando le ragazze tahitiane raggiungevano la maturità sessuale le loro natiche
venivano tatuate di nero.
Quando sofferenti, gli Hawaiani si tatuavano tre punti sulla
lingua.
In Borneo gli indigeni si tatuavano un occhio sul palmo delle
mani come guida spirituale che li avrebbe aiutati nel passaggio all’aldilà.
A Samoa era diffuso il “pe’a“, tatuaggio su
tutto il corpo che richiedeva 5 giorni di sopportazione al dolore ma era prova
di coraggio e forza interiore.
Chi
riusciva nell’impresa veniva onorato con una grande festa.
Dagli appunti di Cook (1769), sappiamo che uno dei
metodi principalmente utilizzati dai tahitiani per tatuare era quello di
servirsi di una conchiglia affilata attaccata ad un bastoncino.
In Nuova zelanda i Maori firmavano i loro
trattati disegnando fedeli repliche dei loro “moko“, tatuaggi
facciali personalizzati.
Questi moko sono usati ancora oggi per identificare il portatore come
appartenente ad una certa famiglia o per simbolizzarne le conquiste ottenute
nell’arco della vita.
Negli anni venti dell’ottocento comincia la macabra usanza di barattare pistole
con teste tatuate di guerrieri Maori.
Per far fronte alla domanda i commercianti di schiavi arrivavano addirittura a
far tatuare gli indigeni catturati in battaglia per poi ucciderli e vendere le
loro teste.
Solo nel 1831 il governo britannico finalmente dichiara illegale l’importazione
di teste umane (!!!).
In Giappone il
tatuaggio era praticato fin dal quinto secolo avanti Cristo…a scopo
estetico…ma anche a scopo magico e per marchiare criminali.
Curioso sapere che la nascita dei bellissimi tatuaggi orientali che tutti oggi
conosciamo sia dovuta all’imposizione nell’antico Giappone di dure leggi
repressive che vietavano alla popolazione di basso rango di portare kimoni
decorati.
In segno di ribellione queste stesse persone cominciarono a portare, nascosti
sotto i vestiti, enormi tatuaggi che coprivano tutto il corpo partendo dal
collo per arrivare ai gomiti e alle ginocchia.
Il Governo nel 1870 dichiarò illegale questa pratica ritenuta sovversiva, ma il
tatuaggio continuò a fiorire e a prosperare nell’ombra.
Facile comprendere come la Yakuza, la mafia giapponese,
adottò ben volentieri la pratica “fuorilegge” del tatuaggio su tutto
il corpo.
I loro disegni, molto elaborati, rappresentavano solitamente conflitti
irrisolti ma riproducevano anche simboli di qualità e caratteristiche che
questi uomini intendevano emulare.
Ad esempio una carpa rappresentava forza e perseveranza, un
leone attitudine a compiere imprese coraggiose.
Il 1891 è un’altra data molto importante…l’inventore newyorkese Samuel O’Reilly brevetta la prima macchinetta elettrica per tatuaggio, rendendo improvvisamente obsolete le tecniche precedenti, più lente e soprattutto molto più dolorose.
Negli anni
20 i circhi americani assumono più di 300 persone tatuate da
capo a piedi come attrazioni per il pubblico.
Per mezzo secolo, i tattoo diventano marchio di minoranze etniche, marinai,
veterani di guerra, malavitosi, carcerati … e considerati indici di
arretratezza e disordine mentale.
Negli anni ’70 e ’80 movimenti quali i punk e i bikers adottano
il tatuaggio come simbolo di ribellione ai precetti morali predicati dalla
società.
TEMPI MODERNI
Che abbia valenza puramente estetica, o che sia impresso a ricordo di un momento importante della propria vita, o ancora esprima la volontà di un ritorno alle origini, a valori antichi e profondi che la società moderna sembra avere dimenticato, il tatuaggio vive oggi un momento di grande rinascita, liberandosi finalmente della coltre di pregiudizi che da decenni lo intrappolava.